Se mi metto in punta di piedi, mi riesci ancora a
vedere.
Se mi metto in punta di piedi, riesco a scorgere le
montagne, le Alpi, le vette alte che si affacciano tenere e secolari al
risvegliarsi della Stella.
Se mi metto in punta di piedi, sento il rossore del
mattino premere sulla mia pelle ancora pallida, e la luce pallida filtrare il
rossore dei miei occhi stanchi allo scoccare della mezzanotte.
Se mi metto in punta di piedi, sento scrocchiare le
foglie sotto il mio corpo, vive e morte al mutare di tono, da un brillante
smeraldo a un’arida ambra.
Se mi metto in punta di piedi, sento la neve
raffreddare la terra, perché l'inverno è arrivato e non lascerà il trono fino
alla prossima primavera.
Se mi metto in punta di piedi, sento un fresco
tumulto di vita irradiare il mondo, sento la brezza di Aprile pulire l'aria, e
se mi allungo verso i rami più alti dove non potrei arrivare, se non con la
fantasia, sento il velluto dei fiori di pesco sfiorare i miei polpastrelli
ancora giovani.
Se mi metto in punta di piedi, sento il sole, i
suoi raggi e la salsedine seccare le mie labbra, così assetate di Agosto e così
piene di musica.
Se mi metto in punta di piedi, sento le lenzuola
sfregare silenziosamente sulla mia pelle, mi giro cercando un punto più fresco
sul cuscino, apro gli occhi e sono ancora qui in America, sono ancora immersa
nella mia seconda, e nuova, e bellissima, e indimenticabile, e, e, e... vita.
Infatti, se mi metto in punta di piedi, ancora una
volta, mi ritrovo di nuovo a sognare, pensare a casa questa volta.
In questi mesi in cui non mi si è sentita molto, è
successo un numero indescrivibile di eventi, che altro non hanno fatto che
arricchire il mio cuore di bellezza, come solo il bene può fare, sinceramente.
Ovviamente ho vissuto il Natale, e tutto ciò che
gira intorno a questo giorno meraviglioso e magico, pieno di gioia e di
pensieri, di limiti posti per non ferire e braccia spalancate per accogliere
ogni errore e farne tesoro per imparare.
Questo Natale l’ho vissuto come mai prima, con non
una ma ben due famiglie al mio fianco capaci di amare senza confini e pudore,
dimostrando tutto l’amore che solo mamma e papà ti sanno regalare... beh... io
davvero, ora di mamma e papà ne ho sinceramente due in più, perché Michelle e
Jeff sono Mum and Dad 2.0, e hanno un ruolo indelebile nella mia vita. Mi hanno
dato una casa, dove sentirmi coccolata, mi hanno dato il loro tempo, il loro
sostegno economico... ma soprattutto la speranza che in questo mondo c’è
davvero chi ti può amare in modo indescrivibile anche solo dopo 3 mesi e
chiamarti figlia con gli occhi che brillano e si riempiono di lacrime quando è
il momento di lasciare.
Capodanno arriva, e tutta la famiglia transita
verso Nord per sciare... E quanto divertimento, risate, Blue Berry (chi ha
orecchie per intendere, intenda), serate passate davanti al camino
scoppiettante e a guardare la neve posarsi lieve sugli alberi caduti oltre il
limite del bosco.
Anno nuovo vita nuova, dicono, e, infatti, Dad 2.0
l’ha preso alla lettera. Mattina del primo gennaio, dormo tranquilla e beata
dopo una serata di festa... mi sveglia il rumore dei passi attutito dal
robusto suolo di legno. Dad 2.0, infatti, sta avviandosi verso il camino per
tagliare qualche ciocco di legna e nutrire la fiamma che ora è ancora debole
tra sassi e cenere.
Passano pochi secondi e sento * did you really chop
your finger?!*, salto velocemente giù del letto a castello e mi avvio in
cucina, dove la famiglia è già riunita attorno a Dad 2.0, perché l’ha appena
combinata, si è appena tagliato una falange con l’ascia... Bel modo per
cominciare il 2017 eh?!
Dopo questo “piccolo” incidente ci si rialza, e si
continua fieri verso un nuovo inizio, un nuovo anno, il 2017.
Passano una settimana, due... e finalmente arriva
il mio compleanno, i miei diciotto anni, quel traguardo che mi è sempre
sembrato così lontano, così intoccabile, impalpabile, proprio perché mi sono
sentita costantemente più piccola della mia effettiva età.
Tutti mi hanno sempre detto, e continuano a dirmi,
che dimostro più anni di quanti realmente abbia, ma nonostante ciò, mi confondo
sempre quando si tratta di rispondere alla domanda: ”Quanti anni hai?”.
Spesso rispondo Sedici, anche se effettivamente ne
ho già diciotto, ma perché proprio non ho la cognizione del tempo, e perché il
tempo ultimamente mi sta scappando di mano.
Ricordo
quando andavo all’oratorio, o meglio, mi ricordo di quelle uniche due settimane
della mia vita in cui ho tentato di approcciare il mondo dell’oratorio estivo,
fallendo palesemente. Se ci penso, la prima immagine che compare nella mia
mente è il numero 16 (vai a capire il perché poi!). Non sono mai stata in grado
di comprendere il motivo per cui questo accadesse, ma ora credo di saperlo.
I ragazzi più grandi, gli animatori, si aggiravano
tra i sedici e diciotto anni, e io, puffa di 10 anni o poco più, li ammiravo e
sognavo cosa volesse dire sentirsi adolescente, sentirsi quella dall’altra
parte dei miei occhi, quella ragazza di circa sedici anni che mi sembrava così
incredibile e grande. Mi chiedevo spesso cosa significasse uscire al pomeriggio
per il centro con il gruppo di amici, cosa volessero dire la frase “far serata”
o quei termini strani usati per raccontare le avventure con fidanzati e
fidanzate.
Mi ricordo tutti i pensieri che volavano veloci
nella mia mente quando mi domandavo come e quando sarebbe arrivato il mio
momento per essere guardata dai più piccoli nello stesso modo in cui io
guardavo i gruppi di liceali. Ma se devo dire la verità, non credo sia mai
arrivato quel momento per me. Non ricordo di essermi sentita più grande o aver
visto il distacco da un giorno all’altro verso una Me Adolescente. E chissà,
forse è per questo motivo ora che i diciotto sono arrivati, mi sento
catapultata nel mondo dei grandi, e mi sento tale, senza un ricordo di transizione.
Comunque, tralasciando il perché dei miei pensieri
a volte troppo strani, i miei diciotto non sono stati come li ho sempre
immaginati, ma forse meglio.
Non ho avuto la festa da principessa che per non so
per quale motivo, ho sempre pensato fosse stata d’obbligo per i diciott’anni,
ma piuttosto ho avuto molto di più.
Ho avuto l’opportunità di rivedere mamma e papà, la
nonna Luisa, la semi-nonna Marisa e lo zio Fausto dopo ben cinque mesi di
lontanza!
E quando dico 5 mesi, vi assicuro che non sembra,
ma sono tanti, proprio tanti, specialmente se li stai vivendo in un paese in
cui, per quanto ti possa sentire bene, non è casa tua, e ogni volta che ci
pensi, non sai se lasciar che ti venga il magone o se essere felice e
orgogliosa della donna che stai diventando, orgogliosa di essere riuscita a
superare ogni ostacolo messo sulla strada per farti tornare indietro.
Ovviamente la mia famiglia per i miei 18 anni è
stato il regalo più importante e prezioso che avessi potuto ricevere, e sono
orgogliosa tanto di essere cresciuta, quanto di avere una famiglia che, come la
mia, mi ama e non importa cosa richieda, è pronta a solcare l’oceano per
venirmi a trovare e per sentire le mie spalle farsi piccole tra le proprie
braccia... ed è per questo che li amo.
Questo
post è diventato lunghissimo, ma proprio perché le emozioni non sono facili da
tenere sotto controllo, e ho avuto necessità di parlare e scrivere, lasciando
che questi tre mesi in silenzio finalmente tornassero ad avere voce.
In questi tre mesi tutto ha avuto una svolta. Nuovi
amici, nuove emozioni e convinzioni, nuovi luoghi, nuova famiglia di nuovo,
nuove relazioni e perché no, nuove paure e insicurezze, ma stavolta causate da
un estremo benessere, un’estrema felicità che ho paura di perdere e non voglio lasciare
o dimenticare.
Ora vi lascio perché ho una nuova giornata da
vivere, ma se volete raccontarmi qualcosa, o anche solo commentare questo mio piccolo raccontarvi la mia vita, qui sotto c'è una casella per commentare, quindi perchè non provarci!
Vi saluto!
Vi saluto!
Un abbraccio stelle e strisce,
Veronica