lunedì 6 marzo 2017

Piccole grandi cose



Se mi metto in punta di piedi, mi riesci ancora a vedere.
Se mi metto in punta di piedi, riesco a scorgere le montagne, le Alpi, le vette alte che si affacciano tenere e secolari al risvegliarsi della Stella.
Se mi metto in punta di piedi, sento il rossore del mattino premere sulla mia pelle ancora pallida, e la luce pallida filtrare il rossore dei miei occhi stanchi allo scoccare della mezzanotte.
Se mi metto in punta di piedi, sento scrocchiare le foglie sotto il mio corpo, vive e morte al mutare di tono, da un brillante smeraldo a un’arida ambra.
Se mi metto in punta di piedi, sento la neve raffreddare la terra, perché l'inverno è arrivato e non lascerà il trono fino alla prossima primavera.
Se mi metto in punta di piedi, sento un fresco tumulto di vita irradiare il mondo, sento la brezza di Aprile pulire l'aria, e se mi allungo verso i rami più alti dove non potrei arrivare, se non con la fantasia, sento il velluto dei fiori di pesco sfiorare i miei polpastrelli ancora giovani.
Se mi metto in punta di piedi, sento il sole, i suoi raggi e la salsedine seccare le mie labbra, così assetate di Agosto e così piene di musica.

Se mi metto in punta di piedi, sento le lenzuola sfregare silenziosamente sulla mia pelle, mi giro cercando un punto più fresco sul cuscino, apro gli occhi e sono ancora qui in America, sono ancora immersa nella mia seconda, e nuova, e bellissima, e indimenticabile, e, e, e... vita.
Infatti, se mi metto in punta di piedi, ancora una volta, mi ritrovo di nuovo a sognare, pensare a casa questa volta.

In questi mesi in cui non mi si è sentita molto, è successo un numero indescrivibile di eventi, che altro non hanno fatto che arricchire il mio cuore di bellezza, come solo il bene può fare, sinceramente.
Ovviamente ho vissuto il Natale, e tutto ciò che gira intorno a questo giorno meraviglioso e magico, pieno di gioia e di pensieri, di limiti posti per non ferire e braccia spalancate per accogliere ogni errore e farne tesoro per imparare.
Questo Natale l’ho vissuto come mai prima, con non una ma ben due famiglie al mio fianco capaci di amare senza confini e pudore, dimostrando tutto l’amore che solo mamma e papà ti sanno regalare... beh... io davvero, ora di mamma e papà ne ho sinceramente due in più, perché Michelle e Jeff sono Mum and Dad 2.0, e hanno un ruolo indelebile nella mia vita. Mi hanno dato una casa, dove sentirmi coccolata, mi hanno dato il loro tempo, il loro sostegno economico... ma soprattutto la speranza che in questo mondo c’è davvero chi ti può amare in modo indescrivibile anche solo dopo 3 mesi e chiamarti figlia con gli occhi che brillano e si riempiono di lacrime quando è il momento di lasciare.
Capodanno arriva, e tutta la famiglia transita verso Nord per sciare... E quanto divertimento, risate, Blue Berry (chi ha orecchie per intendere, intenda), serate passate davanti al camino scoppiettante e a guardare la neve posarsi lieve sugli alberi caduti oltre il limite del bosco.
Anno nuovo vita nuova, dicono, e, infatti, Dad 2.0 l’ha preso alla lettera. Mattina del primo gennaio, dormo tranquilla e beata dopo una serata di festa... mi sveglia il rumore dei passi attutito dal robusto suolo di legno. Dad 2.0, infatti, sta avviandosi verso il camino per tagliare qualche ciocco di legna e nutrire la fiamma che ora è ancora debole tra sassi e cenere.
Passano pochi secondi e sento * did you really chop your finger?!*, salto velocemente giù del letto a castello e mi avvio in cucina, dove la famiglia è già riunita attorno a Dad 2.0, perché l’ha appena combinata, si è appena tagliato una falange con l’ascia... Bel modo per cominciare il 2017 eh?!
Dopo questo “piccolo” incidente ci si rialza, e si continua fieri verso un nuovo inizio, un nuovo anno, il 2017.

Passano una settimana, due... e finalmente arriva il mio compleanno, i miei diciotto anni, quel traguardo che mi è sempre sembrato così lontano, così intoccabile, impalpabile, proprio perché mi sono sentita costantemente più piccola della mia effettiva età.
Tutti mi hanno sempre detto, e continuano a dirmi, che dimostro più anni di quanti realmente abbia, ma nonostante ciò, mi confondo sempre quando si tratta di rispondere alla domanda: ”Quanti anni hai?”.
Spesso rispondo Sedici, anche se effettivamente ne ho già diciotto, ma perché proprio non ho la cognizione del tempo, e perché il tempo ultimamente mi sta scappando di mano.
 Ricordo quando andavo all’oratorio, o meglio, mi ricordo di quelle uniche due settimane della mia vita in cui ho tentato di approcciare il mondo dell’oratorio estivo, fallendo palesemente. Se ci penso, la prima immagine che compare nella mia mente è il numero 16 (vai a capire il perché poi!). Non sono mai stata in grado di comprendere il motivo per cui questo accadesse, ma ora credo di saperlo.
I ragazzi più grandi, gli animatori, si aggiravano tra i sedici e diciotto anni, e io, puffa di 10 anni o poco più, li ammiravo e sognavo cosa volesse dire sentirsi adolescente, sentirsi quella dall’altra parte dei miei occhi, quella ragazza di circa sedici anni che mi sembrava così incredibile e grande. Mi chiedevo spesso cosa significasse uscire al pomeriggio per il centro con il gruppo di amici, cosa volessero dire la frase “far serata” o quei termini strani usati per raccontare le avventure con fidanzati e fidanzate.
Mi ricordo tutti i pensieri che volavano veloci nella mia mente quando mi domandavo come e quando sarebbe arrivato il mio momento per essere guardata dai più piccoli nello stesso modo in cui io guardavo i gruppi di liceali. Ma se devo dire la verità, non credo sia mai arrivato quel momento per me. Non ricordo di essermi sentita più grande o aver visto il distacco da un giorno all’altro verso una Me Adolescente. E chissà, forse è per questo motivo ora che i diciotto sono arrivati, mi sento catapultata nel mondo dei grandi, e mi sento tale, senza un ricordo di transizione.

Comunque, tralasciando il perché dei miei pensieri a volte troppo strani, i miei diciotto non sono stati come li ho sempre immaginati, ma forse meglio.
Non ho avuto la festa da principessa che per non so per quale motivo, ho sempre pensato fosse stata d’obbligo per i diciott’anni, ma piuttosto ho avuto molto di più.
Ho avuto l’opportunità di rivedere mamma e papà, la nonna Luisa, la semi-nonna Marisa e lo zio Fausto dopo ben cinque mesi di lontanza!
E quando dico 5 mesi, vi assicuro che non sembra, ma sono tanti, proprio tanti, specialmente se li stai vivendo in un paese in cui, per quanto ti possa sentire bene, non è casa tua, e ogni volta che ci pensi, non sai se lasciar che ti venga il magone o se essere felice e orgogliosa della donna che stai diventando, orgogliosa di essere riuscita a superare ogni ostacolo messo sulla strada per farti tornare indietro.
Ovviamente la mia famiglia per i miei 18 anni è stato il regalo più importante e prezioso che avessi potuto ricevere, e sono orgogliosa tanto di essere cresciuta, quanto di avere una famiglia che, come la mia, mi ama e non importa cosa richieda, è pronta a solcare l’oceano per venirmi a trovare e per sentire le mie spalle farsi piccole tra le proprie braccia... ed è per questo che li amo.

         Questo post è diventato lunghissimo, ma proprio perché le emozioni non sono facili da tenere sotto controllo, e ho avuto necessità di parlare e scrivere, lasciando che questi tre mesi in silenzio finalmente tornassero ad avere voce.
In questi tre mesi tutto ha avuto una svolta. Nuovi amici, nuove emozioni e convinzioni, nuovi luoghi, nuova famiglia di nuovo, nuove relazioni e perché no, nuove paure e insicurezze, ma stavolta causate da un estremo benessere, un’estrema felicità che ho paura di perdere e non voglio lasciare o dimenticare.

Ora vi lascio perché ho una nuova giornata da vivere, ma se volete raccontarmi qualcosa, o anche solo commentare questo mio piccolo raccontarvi la mia vita, qui sotto c'è una casella per commentare, quindi perchè non provarci!
Vi saluto!
Un abbraccio stelle e strisce,

Veronica

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